Struggimento e potenzialità

Marilyn: “Non mi dimenticare”

Marilyn di Simon Curtis (2011) è molti film nel film, in un continuo alternarsi di finzione e realtà. Simbolo di puro istinto, essenza e potenzialità, Marilyn percorre una strada dal pensiero magico al delirio psicotico, tra indifferenziato e paranoideo. Bloccata nella confusione dei sensi: non riesce a identificare il suo bisogno, non vi è ancora consapevolezza cosciente, eppure qualcosa si sta muovendo a livello energetico, qualcosa vacilla: ora c’è, ora non c’è.

Potenzialità e interruzione si scontrano senza trovare un negoziato.

Marilyn sa cosa la farebbe stare bene, ma non può abbandonarsi al suo bisogno che può vivere solo nella finzione. Lo struggimento di Marilyn si sente sul corpo, incarnato fin nelle viscere. Le sue costruzioni mentali sono barriere incommensurabili che la distruggono. Marilyn fugge dalla “realtà” della diva che tutti desiderano, vogliono possedere e controllare, ritagliandosi momenti di normale semplicità privi dello struggimento che vive come finzione. Il paradosso è che non può fare a meno di entrambe le dimensioni, ma non è mai appagata perché c’è sempre qualcosa che manca per essere felice. Marilyn è bramata perché incarna la pura essenza creativa, quella di tutti noi, tuttavia i personaggi del film sembrano viverla solo attraverso lei. Marilyn per questo esperisce un grande vuoto, quello di una dea greca venerata ma non amata.

Non mi dimenticare” - dice Marilyn a Colin, il giovane laureato di Oxford appassionato di cinema che si infatuerà della pura essenza (come tutti). "Come potrei" - risponde Colin.

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