Il casellante: metamorfosi non riuscita

"Il Casellante" è un romanzo di Camilleri che, dopo essersi prestato al teatro, aspetta di venire alla luce anche come film. Infatti la versione cinematografica, ad oggi, sembra ancora in gestazione nelle viscere della terra, “in lavorazione”: come nella fase alchemica della Nigredo, affinché il seme fruttifichi, deve essere sepolto a terra.

Vividi e tangibili, i caselli della provincia siciliana, spuntano in figura, si stagliano dalla mappa che fa da sfondo, esercitando una funzione eroica, razionale, che organizza e interrompe il contatto attraverso binari principali, scambi e binari morti.

La protagonista Minica subisce il trauma dell’abuso e la perdita del bambino che aspettava; apprende inoltre che la brutalità subita non le consentirà più di generare figli. Questo determina la negazione parziale di una realtà che viene sostituita con il sogno, che per Minica si esprime in una metafora vegetale: se non può procreare come essere umano, diventerà albero e genererà frutti. Identificarsi con l’albero le permette di esprimere la sua sofferenza, radicarsi e appoggiarsi a una base sicura.

Il mito permette di scavalcare la difficoltà attraverso l’analogia (...) Quest’esigenza è una tendenza a trascendere la realtà” (p. 218).

Per la terapia della Gestalt, la base sicura è il ground dato dall’insieme dei contatti al confine corpo-ambiente; questo sfondo ci sostiene ed è la fonte della nostra sicurezza. Minica è costretta a cercare quel ground letteralisticamente, piantandosi, nella speranza di rimettere in moto la creatività. Farsi albero permette alla donna di stare nella tensione organismo-ambiente, quel confine di contatto dove risiede l’interazione e ha luogo la realtà, “dove nasce la vita e si struttura la crescita” (pp. 102-103).

I piedi prima tanto rapidi si fissarono come pigre radici

Ovidio

Nino, il marito, rispetta pazientemente i suoi tempi e il suo dolore, senza perdere la speranza e, nonostante le sue cure non sortiscano alcuna risposta da parte di Minica, diventano una pratica per non alienare se stesso.
La storia di Minica è un esempio di come “il trauma possa avvenire, svilupparsi ed evolvere in un delirio riparatore” (p.131). La narrazione si conclude con il ritrovamento di un neonato in una grotta, dopo un bombardamento.
Con questo presepe personale, Camilleri ci offre un’immagine di guarigione-lisi piena di speranza, una chiusura della gestalt che vede il ritorno in superficie della protagonista, riemersa dal pozzo della dissociazione.

Indietro
Indietro

Struggimento e potenzialità

Avanti
Avanti

Nebbia e rivelazione