Sogno e son desto
Provaci ancora Sam (1972), diretto da Herbert Ross e tratto dall’opera teatrale di Woody Allen, offre un continuo gioco tra finzione e realtà, in cui più livelli si dispiegano, l’attenzione si distribuisce tra l’uno e l’altro e che porterà alla creazione di un terzo. Infatti la dimensione superiore, entrando in contatto con il mondo inferiore, dà vita a un dialogo in cui l’alternanza diviene risorsa.
Il protagonista Allan (Allen) - critico cinematografico - utilizza le immagini del cinema come una bussola o un faro che possa mostrare la via per costruire una narrazione altra, come facciamo a volte in terapia grazie al lavoro con i sogni. Questo film ci mostra un dialogo introspettivo, reso esplicito, in un continuo botta e risposta che sembra mettere in scena la complessità della psiche con i suoi complessi e le sue istanze in conflitto. Sono le immagini a mantenere in equilibrio il protagonista, a costruire connessione e promuovere integrità.
Play it again, Sam. Il titolo originale ci permette di esplorarne le origini e rendere giustizia alla polisemia del verbo play.
Play it Sam è una citazione da Casablanca (Michael Curtis, 1942), in particolare il momento in cui Ilsa (Ingrid Bergman) chiede al pianista del Rick’s di suonare As time goes by, “in onore dei vecchi tempi”. L’immaginario cui è legata la scena è quello della nostalgia, dell’amore che “non passa mai di moda”, dei sentimenti sempiterni. Qui il riferimento è al play-suonare, ma al tempo stesso questo suonare si fa portatore di ricordi, è un play-riprodurre. Nel film di Ross, girato 30 anni dopo Casablanca, Allan in tutti i modi prova (play) a trovare il suo posto nel mondo, gioca (play) e recita (play) prendendo ispirazione da Rick (Bogart) per relazionarsi con questo complesso oggetto che è l’amore. Alimentando il dialogo con questa parte noir, Allan proverà ad assimilarne alcune funzioni senza tuttavia lasciarsi invadere dal Falso Sé e riuscendo a "depurare" la Persona. "In fondo ti sei creato uno stile personale" - gli dice Bogart in chiusura, testimoniando la trasformazione avvenuta nel protagonista e sigillando un piccolo grande capolavoro sull'amore e sulla necessità di metterci in gioco "again", provarci ogni volta, rimanendo comunque noi stessi.