Ombra e desiderio (II)
"Il pubblico desidera essere scioccato". Già, perché da una parte releghiamo il nostro lato oscuro nella profondità alienandolo e proiettandolo, dall’altra non possiamo fare a meno di esso cercandolo nelle immagini.
Hitchcock - film biografico diretto da Sasha Gervasi (2012) - narra la vita del “maestro del brivido” e il suo rapporto con la moglie Alma, compagna di vita che nell’ombra fa ordine nell’esistenza del regista. Un’Alma - un’Anima - nell’ombra. È un momento di rottura di equilibri, Alma vuole il suo spazio, non accetta più di essere l’ombra del marito e gliela restituisce. Non è un caso perché il grande cineasta sta per mettere in scena Psycho, in cui, mai come prima, si identificherà con il protagonista, per il complesso rapporto con la figura materna e il femminile. Finora Hitchcock ha sublimato il suo dramma infantile nel rapporto con le protagoniste dei suoi film e con Alma. Sua moglie è la forza vitale che però non può offuscare l’immagine del grande regista, un bambino bramoso inappagato che reitera in una coazione a ripetere nei suoi film il suo antico dramma abbandonico. Per Hitchcock proseguire da solo, lasciando andare l’immagine ipertrofica che Alma gli consegnava, significa uscire da quella coazione. Questa volta lo fa in un modo diverso, non più autistico: condivide con il pubblico le sue paure più perturbanti, rispecchiandosi in quella coralità umana che gli consente di assolvere se stesso dai suoi lucidi deliri psicotici, accettandoli come desideri e fantasie che - se spartite - possono trasformarsi in immagini di senso, non più terrifiche, ma parte di un tutto creativo: un film.