PICNIC A HANGING ROCK | IL GIARDINO DELLE VERGINI SUICIDE

Picnic a Hanging Rock. Il giorno di S.Valentino del 1900, alcune ragazze e le loro insegnanti di francese e matematica partono dal collegio in cui risiedono per un’escursione nel bosco di Hanging Rock nello stato di Victoria in Australia. Alcune di loro si perdono senza essere più trovate nonostante alcuni ragazzi abbiano provato a seguirne le tracce tra rami e cavità della montagna. Solo una di loro torna indietro, ma talmente scossa da riuscire solo a piangere senza ricordare molto.

Il giardino delle vergini suicide. Cinque sorelle adolescenti - di 13, 14, 15, 16 e 17 anni - vivono a Detroit negli anni ’70, recluse in casa da una madre controllante e con un padre passivo. La più piccola tenta il suicidio aprendo così la porta di casa al mondo e finalmente all’incontro con i ragazzi. Purtroppo la segregazione da parte della madre si fa sempre più tirannica e non potrà essere che l’inizio di una fine tragica e al contempo paradossalmente liberatoria.

Il primo film è una produzione australiana del 1975, il secondo è del 1999 e made in USA. Entrambi i soggetti sono tratti da libri: il romanzo di Joan Lindsay (1967) e quello di Jeffrey Eugenides (1993). Peter Weir è lo stesso regista de L’attimo fuggente, Sofia Coppola era dietro la cinepresa di Lost in Translation. Weir è un Boomer, Coppola piena Generazione X: a entrambi interessa l’inconscio, ma il film di lui è ancora sufficientemente ottimista, quello di lei annuncia perdita e disillusione già dal titolo. Entrambi guardano all’adolescenza: lui ritrae la gioventù nella natura, a scuola, in guerra; lei osserva le ragazze fare gruppo, struggersi nella propria pelle, perdersi e ritrovarsi.

…in quella regione in cui l’essere vuole manifestarsi e vuole nascondersi, i movimenti di chiusura e di apertura sono così numerosi, così spesso invertiti, così carichi anche di esitazioni, che potremmo concludere con questa formula: l’uomo è l’essere socchiuso

G. Bachelard

Fasi diverse della vita fanno da sfondo a bisogni ed esperienze diversi, eppure in ognuna di esse può capitare di ritrovare quel senso di smarrimento che ci coglie fortemente nell’adolescenza. Solo attingendo a quelle stanze di spleen interiore possiamo entrare in contatto con le nuove generazioni offrendo ascolto, rifugio e sfogo a quel mondo di miele al quale si rischia altrimenti di rimanere appiccicati. Queste due splendide opere cinematografiche ci forniscono l’opportunità di riprendere contatto con le atmosfere del mondo complesso, evanescente e di passaggio degli anni giovani.

In entrambe le pellicole, infatti, ricorrono in particolare i temi della trascendenza e del femminile sognante, la condizione di rigida chiusura (nella casa e nel collegio) che amplifica l’emergenza di uscire, al punto però di sfociare inevitabilmente in un luogo altrettanto titanico: la natura insondabile e la trascendenza (l’immagine del bosco, il suicidio per liberare l’anima). “Qualsiasi atto che tiene a distanza la morte ostacola la vita” (Hillman) ed è proprio questa la dinamica distruttiva per l’anima innescata dall’atteggiamento di chiusura al mondo dei genitori delle sorelle Lisbon (un cognome che è tutto un programma). Durante la crescita il contatto, le relazioni, le esperienze, l'incontro con l'altro, permettono di conoscere pian piano il senso della vita e della morte, ma in questa storia il materno ossessivo, legittimato dalla figura paterna marginale, impedisce la necessaria apertura. La stanza delle ragazze si trasforma allora in un mondo autistico, scisso dall’esperienza viva nel mondo con gli altri. L’unica uscita sembra essere il suicidio, unico gesto di autodeterminazione: “l’esperienza della morte per scoprire l’individualità (…) una rapida trasformazione (…) tutto in una volta. Questa impazienza e intolleranza riflettono un’anima che non procede di pari passo con la sua vita” (Hillman). Non potendo agire sul fuori, l’unica parte del mondo oggettivo su cui è possibile esercitare un’influenza è il corpo: “l’anima intrappolata nel corpo dal quale si libera con la morte” (Hillman).

Entrambe le narrazioni ci guidano nel mistero femminile dell’essere e del diventare, attraverso l’immersione in un setting di nostalgia, meraviglia e horror al tempo stesso. In Hanging Rock il flauto di Pan - una sorta di voce fuori campo musicale - sottolinea la natura trascendentale degli avvenimenti. Ne Il giardino la musica scelta da Coppola è non a caso il dream pop, atmosferico, introspettivo e visionario, pieno di eco e riverberi.

Molto significative sono alcune parole di Coppola e di Lindsay che descrivono la sensazione di essere catturate dal daimon durante la realizzazione dei loro lavori creativi. Sofia Coppola gira il film a 27 anni, tutto in un mese, nell’estate del 1998. In un’intervista rilasciata a Vogue per il 20° anniversario del film, afferma: «non avrei avuto una carriera come regista se non fosse stato per quel libro (…) girare un film era spaventoso, ma ero così connessa con quel materiale che mi sentii come se non avessi altra scelta. Virgin Suicides ha fatto di me una regista». In una video intervista del 1974 circa, che precede la versione cinematografica del suo romanzo Picnic a Hanging Rock, Joan Lindsay svela: «pensavo al libro di notte, lo scrivevo nella testa e il mattino seguente andavo nella stanza al piano di sopra, seduta sul pavimento con tutti i fogli intorno a scrivere “like demon” come fosse un film visto la notte precedente nella mia testa». Poi, a proposito della qualità aperta della gestalt narrativa, aggiunge che è molto importante mantenere il mistero e accenna ai temi del collettivo e della trasmissione intergenerazionale: «ho scritto il libro come come un sasso lanciato nell’acqua: quello che è accaduto il giorno di S.Valentino è andato via via espandendosi creando cerchi influenzando molte persone, molte vite, molte generazioni». Weir, che aveva incontrato la scrittrice in vista della trasposizione cinematografica, la descrive come una donna di raffinata eleganza, proveniente da un mondo “vanished” così com’è il mondo di Hanging Rock.

Entrambe le pellicole si esprimono con un approccio registico affascinante. Coppola ha scelto l’8 mm. - che restituisce uno scenario intimo e onirico; effetti softness e backlight - che contribuiscono a una resa visiva dal sapore vintage; la doppia esposizione - che sdoppiando la visione alimenta lo sdoppiamento psicologico dentro-fuori.

Weir valorizza il tema dell'indifferenziazione e del carattere ripetitivo della vita del collegio insistendo con riprese ritmiche sull'omogeneità degli abiti e delle attività, registra la natura mistica (in contrapposizione alla rigida istituzione) avvalendosi di inquadrature più lente ad esempio dall’alto verso il basso e viceversa; una colonna sonora artificiale (ipnotico il flauto di Pan suonato da Gheorghe Zamfir) e naturale (vento, canto degli uccelli) induce nello spettatore una suggestione simile allo stato di trance che caratterizza le giovani protagoniste. Il flauto di Pan si fa inquietante portavoce di Hanging Rock - la “roccia” - della natura segreta che richiama, afferra e trascina le ragazze a piedi nudi, le quali gradualmente perdono i sensi, gli indumenti e scompaiono misteriosamente, lasciando gli spettatori pieni di fantasie e domande senza risposta, gestalt aperta per eccellenza, sull’inconoscibile. Del resto l’ambientazione storica (il 1900) corrisponde all’anno della Traumdeutung e già in apertura del film i versi di E.A.Poe ci annunciavano “What we see and what we seem are but a dream - a dream within a dream”. I confini tra il mondo fisico e il mondo psichico sono sfumati come Arcadia, luogo di provenienza del selvatico Pan, lo stesso dio che salva Psiche dal suicidio: Pan “al tempo stesso distruttore e preservatore” (Hillman). Quando Pan “preservatore” dell’istinto creativo naturale muore, la natura finisce subordinata al "nuovo dio, l’uomo” (Hillman): il patriarcato, infatti, ha trasformato il femminile nella "trappola" della femminilità (Carotenuto, de Beauvoir). Da questo punto di vista, Picnic a Hanging Rock sembra mostrare un ritorno dell’istinto a se stesso grazie a una forza mistica, una liberazione dalle imposizioni e restrizioni culturali entro cui il femminile viene incastrato nel tentativo di addomesticarlo.

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